Federico si abbandonava spesso a "riunioni conviviali". Non ricche abbuffate ma cene raffinate cui partecipavano musici, romanzaturi, maetri di fabbrica, belle donne. Alla mensa di Federico, si discuteva di tutte quelle cose che lo avrebbero reso famoso: la poesia, l'arte, la musica, l'architettura.
Raramente si parlava di guerra, quasi a significare il profondo solco che l'Imperatore poneva tra l'uno e l'altro momento della sua vita, della sua giornata. Tra tanti discorsi ameni, si dissertava anche di caccia, soprattutto durante le soste che si tenevano, tra una battuta e l'altra, nei boschi del Melfese, in quello dell'Incoronata nei pressi di Foggia o in quelli del Gargano.
Nel palazzo imperiale di Foggia i cibi erano serviti su un blocco di granito bruno del Gargano, lungo circa quattro metri, sorretto da quattro pilastri tozzi: simile a quello che oggi è consacrato ad altare maggiore nella cattedrale di Lucera appartenuto alla domus di Fiorentino.
Di carni allo spiedo, certamente sia in guerra che durante le lunghe battute di caccia. In particolare di lepri e di allodole. Il cinghiale, allora abbondante, non costituiva uno dei suoi piatti preferiti. A lui piacevano i volatili, fagiani compresi, che cacciava con i falchi. Particolarmente preferiti i colombi, spalmati con il miele e passati alla brace con erbe aromatiche.
Non da meno amava il pesce. Così ordinò a Riccardo di Pucaro della Curia di Foggia il 28 marzo 1240: [...]"Alla tua fedeltà ordiniamo che a Berardo cuoco della nostra cucina, tu faccia pervenire dei buoni pesci di Lesina ed altri dei migliori che si possano trovare affinché egli ne faccia per noi l'aschipescia e la gelatina che manderai a noi in fretta secondo il nostro ordine ne è l'esatta dimostrazione."
Cosa dire dei funghi? I cronisti narrano che Federico ordinava che "prima li biancassino facendoli per poco bollire in acqua ed indi li salassero e li conservassero in cognetti (piccole botti cilindriche)".
Un discorso a parte merita il pane, da non intendersi come il pane di cui ci cibiamo oggi. Si trattava, in effetti, di ficcole forme biscottate fatte con fiore, latte, miele, butto e cotte in forni a legna. Vi era, anche, il pane "casareccio" confezionato con farina, lievito e sale e pane "vendereccio", bianco, di semolone oppure scuro di farina e crusca.
Non meno importanti le verdure, che gustava specialmente, quando soggiornava nel Palazzo Imperiale di Lucera. Erbe spontanee e verdure di cui la città è sempre stata ben fornita: borragine, ruchetta, finocchietti, cicorielle, caccialepri, crispigni, cardoncelli. Di solito, le preferiva lessate con olio crudo. Queste erbe crescono tuttora in Puglia e sono mangiate ancora con lo stesso gusto e nello stesso modo, come vedremo appresso, con cui le mangiava l'Imperatore.
Il tipico piatto lucerino "i fonghie ammisck" era, anche allora, uno dei piatti preferiti da Federico II tanto da farne una ricetta che è giunta sino ai tempi nostri. Anche il "pancotto", che si mangiava ai tempi dell'Imperatore, è, tuttora, una delle specialità locali. Le erbette anzidette erano, e sono, la componente essenziale. Biscotti e miele erano usati nella dieta per disintossicarsi dal continuo utilizzo della carne.
Un'altra volta disse sempre al giustiziere Riccardo: "Alla tua fedeltà ordiniamo che subito, senza indugi, tu faccia mandare alla nostra Curia tre salme di vino greco". Oltre al vino greco Federico usava una bevanda molto aromatica, da bere calda: l'acqua di calabrice. Il calabrice, una pianta selvatica del Gargano, è simile ad un pero selvatico, dal frutto rosso e piccolo, mentre il nocciolo è simile a quello dell'ulivo. Il cronista dell'epoca, parlando di una bevanda "ristagnativa, incisa, attenuante", lascerebbe intendere che si potrebbe trattare di un digestivo.
Come frutta dell'epoca di Federico c'erano fichi, noci, uva, datteri, mele pere ed anche meloni.
Non c'era ancora la pasta ed il nutrimento era costituito, in prevalenza, dal miglio, dall'orzo e dall'orzo perlato. Vi erano, invece, molti tipi di formaggi tipo il provolone, la mozzarella ed il pecorino che usava dare anche ai suoi cani preferiti.
Della Puglia, che gli forniva tutto ciò che era possibile per approntare la Sua mensa, si dice che abbia esclamato: E' evidente che il Dio degli Ebrei non ha conosciuto l'Apulia e la Capitanata, altrimenti non avrebbe dato al suo popolo la Palestina come terra promessa.
Testo curato da Patrizia Consoletti